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Si è impegnata ad acquistare un’altra quota di azioni per diventare la prima azionista, contro la volontà della Germania
Lunedì Unicredit, la seconda banca italiana, ha annunciato di aver sottoscritto in borsa l’11,5 per cento delle azioni di Commerzbank, una delle più grandi banche tedesche e sua diretta concorrente sul mercato europeo. La sottoscrizione è un impegno ad acquistare quelle azioni, che sono state bloccate: Unicredit ha precisato che l’acquisto sarà finalizzato solo al momento dell’approvazione da parte delle autorità europee competenti delle questioni finanziarie e di concorrenza, a cui ha chiesto la possibilità di arrivare fino al 29,9 per cento del capitale di Commerzbank.
Solo due settimane fa Unicredit aveva comprato già un primo 9 per cento delle azioni, e con quest’ultima mossa arriverebbe a detenere quasi il 21 per cento del capitale della banca tedesca, diventandone prima azionista: è una quota che con i valori odierni di borsa vale circa 3,9 miliardi di euro.
È un’operazione molto rilevante per il mercato bancario europeo, che coinvolge due tra le più grandi banche del continente e oltre centomila posti di lavoro: va inserita nell’ambito della crescente necessità di consolidamento da parte del settore, che prevede la creazione di gruppi sempre più grandi per competere sui mercati finanziari internazionali (è quello che i giornali italiani chiamano il “risiko bancario”). La decisione di Unicredit tra l’altro è in contrasto con il governo tedesco, che da giorni esprime nervosismo per l’espansione apertamente ostile del gruppo italiano nel settore bancario della Germania.
Il governo tedesco è infatti direttamente coinvolto nell’operazione: Unicredit aveva ottenuto parte del primo pacchetto proprio grazie alla vendita di una parte della partecipazione del governo tedesco in Commerzbank, che ne era primo azionista con il 16 per cento. Lo Stato tedesco è nel capitale della banca dai tempi della crisi finanziaria del 2008/2009, quando intervenne per salvarla: da allora sta gradualmente vendendo le sue azioni per uscire del tutto dal capitale.
Due settimane fa il governo ne aveva messo in vendita il 4,5 per cento, e Unicredit era riuscito a comprarlo grazie a un’offerta più alta degli altri possibili acquirenti, pari a circa 700 milioni di euro. Contestualmente la banca aveva comprato in borsa un altro 4,5 per cento, il che le aveva fatto ottenere una partecipazione del 9 per cento, solo di poco inferiore a quella residua del governo (scesa intorno al 12). In quella occasione Unicredit disse anche di essere interessata a una quota ancora più ampia.
Questa mossa ha creato una certa irritazione nel governo tedesco, che non aveva previsto le intenzioni più ambiziose di Unicredit. L’operazione è diventata dunque un caso politico in Germania: il governo, che già non gode di buona popolarità, è accusato dai suoi oppositori di non aver difeso gli interessi economici della Germania. Anche i Verdi, uno dei partiti al governo, sostengono che non dovesse proprio essere permesso a una banca concorrente così grossa di puntare un istituto così importante per il paese.
Il governo tedesco nel frattempo ha avviato un’indagine interna volta a verificare la correttezza dell’operazione e allo stesso tempo venerdì ha deciso di sospendere del tutto la vendita della sua partecipazione. Il governo italiano per ora ne è rimasto fuori: il ministro degli Esteri Antonio Tajani durante il fine settimana ha detto che il governo sta seguendo la vicenda ma «quando si tratta di scelte nel mondo privato non tocca allo Stato intervenire».
Nelle scorse settimane Unicredit aveva avuto un atteggiamento tutto sommato paziente verso l’irrequietezza del governo tedesco. In un’intervista a Bloomberg l’amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel aveva detto che, sebbene la completa acquisizione di Commerzbank restasse una delle opzioni in corso di valutazione, avrebbe fatto le sue considerazioni con calma: «C’è la possibilità che il governo venda ancora, e noi alle giuste condizioni saremmo interessati a comprare. C’è la possibilità che acquisteremo azioni direttamente in borsa, o c’è anche la possibilità che potremmo finire per non fare niente». «Siamo molto pazienti», aveva anche aggiunto.
In generale il mercato si era abbastanza convinto che la banca non avrebbe forzato le cose acquistando altre azioni direttamente sul mercato, con un’operazione lecita seppur sottoposta alle dovute autorizzazioni delle autorità europee. La mossa di lunedì è arrivata dunque un po’ a sorpresa, ed è stata percepita come un’operazione apertamente ostile dal governo: il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto di non ritenere adeguato che acquisizioni di questo tipo avvengano con metodi «non amichevoli», per di più tra paesi europei, «senza alcuno spirito di cooperazione e senza concordare nulla».
Nonostante le reticenze politiche, l’operazione è stata comunque accolta bene dagli osservatori finanziari: da tempo il mercato bancario europeo non aveva operazioni di così larga scala, utili per la creazione di gruppi sempre più grandi e che abbiano la solidità necessaria ad affrontare la concorrenza internazionale.
La necessità di creare grossi conglomerati bancari è emersa chiaramente dopo la crisi finanziaria del 2008/2009 e la successiva crisi europea dei debiti sovrani, da cui le banche europee uscirono parecchio indebolite: da allora si è sempre auspicata la creazione di un mercato bancario meno frammentato.
Attualmente Unicredit e Commerzbank sono rispettivamente l’ottava e la dodicesima banca per dimensione del bilancio all’interno dell’Unione europea: una loro ipotetica fusione le farebbe salire in quinta posizione. Si creerebbe peraltro un grosso gruppo transfrontaliero, eventualità sempre assai auspicata dai regolatori europei per l’impatto positivo che potrebbe avere per la creazione di un mercato bancario sempre più continentale e meno nazionale. Unicredit possiede peraltro già una banca tedesca, la HypoVereinsbank, con sede a Monaco, e la partecipazione in Commerzbank le consente di rafforzare la sua posizione in Germania.
A tutte queste considerazioni vanno però aggiunte quelle relative ai dipendenti: Unicredit ne ha più di 76mila in tutto il mondo, e Commerzbank più di 40mila. Commerbank in particolare ha una struttura molto pesante per la dimensione del suo business, e talvolta inefficiente: probabilmente una fusione comporterebbe la necessità di una consistente riduzione di personale. In questo senso i sindacati e i partiti più a sinistra sono contrari all’aggregazione, ed è probabile che faranno pressione sul governo affinché non ceda il resto della sua quota a Unicredit.
Fonte: https://www.ilpost.it/2024/09/23/uni...erzbank-banche
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